L’origine dello iodio, dal suolo agli alimenti.
Lo iodio, dal greco iodes (violetto), è un elemento chimico diffuso nell’ambiente in diverse forme. Questo nutriente si ridistribuisce nella catena alimentare in seguito al suo ciclo geologico e poi biologico strettamente collegati tra di loro.
Lo iodio presente nelle rocce e nel suolo, per azione delle piogge e dell’erosione, è trasportato dalle acque superficiali nei mari e negli oceani. Quello contenuto nell’acqua dei mari evapora nella atmosfera e, con le piogge, ritorna sulla superficie terrestre. Quello presente nel mare si accumula nelle alghe, nei pesci e nei crostacei, mentre quello presente nei terreni viene assorbito dalle piante. A causa del dilavamento dei terreni, il contenuto di iodio nei suoli è diminuito progressivamente.
Lo iodio come micronutriente essenziale
Lo iodio è il costituente essenziale di 2 importanti ormoni tiroidei, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). Un adeguato apporto alimentare di questo micronutriente è necessario per assicurare la normale crescita e lo sviluppo degli organismi animali e dell’uomo. La principale fonte naturale di iodio per l’uomo è rappresentata dagli alimenti. Il suo contenuto nelle diverse fonti alimentari è indicato dalla seguente tabella:
Alimento |
Contenuto di Iodio (μg/100g) |
Pesci di mare |
83 (16-138) |
Pesci d’acqua dolce |
3(2-4) |
Crostacei |
80(31-130) |
Uova |
9 |
Latte |
5 |
Carne |
5 |
Pollame |
– |
Cereali |
5 |
Pane |
– |
Legumi |
3 |
Vegetali |
3 |
Frutta |
2 |
Tra gli alimenti più ricchi di iodio abbiamo i pesci di mare e anche i crostacei. Anche le uova, il latte e la carne ne contengono quantità rilevanti. Per gli alimenti di origine vegetale il contenuto dipende dai livelli presenti nel terreno, mentre per quelle di origine animale dipende dalla loro alimentazione.
Come si osserva dalla tabella, il maggior contenuto di questo microelemento si ha nei pesci di mare, ma a causa del loro basso consumo nel nostro paese, non costituiscono la principale fonte dietetica che è invece rappresentata dai prodotti lattiero-caseari, uova, carne, cereali e derivati. In realtà lo iodio è presente in quantità sempre più esigue sia nelle acque e negli alimenti e questo fa si che il fabbisogno giornaliero per una normale attività della tiroide non venga soddisfatto.
In alcuni casi il sale iodato ha colmato alcuni deficit alimentari nelle popolazioni che vivevano in territori dove i terreni, e di inevitabilmente i loro frutti e le carni degli animali, che da essi traevano nutrimento, erano particolarmente poveri di questo minerale.
Anche l’acqua può rappresentare una minima fonte del minerale anche se quella più ricca è quella marina (50μg/l).
Le alghe marine contengono concentrazioni di iodio nettamente superiori alle fonti alimentari. Alcune alghe brune (kombu, Laminaria japonica e digitata) contengono quantità molto elevate di iodio fino a 100-1000 volte superiori ai pesci di mare. Questi prodotti, estranei alla dieta mediterranea, sono arrivati sulle nostre tavole grazie alla cucina giapponese.
La carenza di iodio ha effetti negativi sulla funzionalità della tiroide che si traducono in diversi fenomeni patologici. Uno degli effetti più evidenti causati dalla carenza nutrizionale è il gozzo tiroideo, ma conseguenze più gravi sono rappresentate da evidenti disturbi neurologici che possono derivare da un’insufficiente apporto nutrizionale di questo microelemento in età fetale e neonatale.
La ghiandola tiroide
La ghiandola tiroide è una piccola ghiandola che si trova nel collo sotto la laringe (pomo di Adamo). Essa produce principalmente la tiroxina, un ormone che controlla la quantità di energia utilizzata dal corpo per mantenere processi vitali quali la respirazione, la circolazione e la digestione. Inoltre gli ormoni tiroidei hanno la funzione di regolare il metabolismo in quanto modulano i processi mitocondriali ed il fatto di trascrizione HIF-1α, che controlla a sua volta il trasporto del glucosio e degli enzimi glicolitici.
Ipotiroidismo
L’ipotiroidismo è una sindrome che colpisce in media lo 0,5-1% della popolazione mondiale e riguarda prevalentemente quella di sesso femminile.
L’ipotiroidismo può essere determinato da uno sviluppo incompleto o dall’assenza congenita della tiroide, per una sua asportazione chirurgica o per l’assunzione di farmaci antitiroidei.
Più comunemente, le varie forme vengono classificate in:
1) primarie o primitive dove rientrano quelle patologie correlate ad una ridotta funzionalità del tessuto tiroideo. Può essere causato da malattie autoimmunitarie della tiroide (es. tiroidite cronica di Hasimoto) oppure a gravi carenze di iodio nella dieta.
2) secondarie o terziarie quando le patologie sono a carico, rispettivamente, di ipofisi ed ipotalamo. In questo caso gli ormoni secreti dall’ipofisi sono incapaci di regolare adeguatamente l’attività della tiroide.
La carenza di vitamina A esercita molteplici effetti sul metabolismo della tiroide, sull’effetto periferico degli ormoni tiroidei e sulla produzione del TSH da parte dell’ipofisi. Il deficit di questa vitamina causa l’ipertrofia della tiroide, riducendo la captazione dello iodio da parte di questa ghiandola e rallentando la produzione degli ormoni tiroidei.
Anche la carenza di ferro può influenzare il funzionamento della tiroide inibendo il legame della T3 con i recettori epatici che stimolano l’attività della perossidasi.
Il gozzo tiroideo
Con il termine gozzo (o struma) viene indicato l’aumento di peso e volume della tiroide. Si manifesta con un rigonfiamento più o meno evidente e simmetrico del collo, e può riconoscere diverse cause, così come differenti sono le ripercussioni del gozzo sulla salute dell’individuo.
In passato, il gozzo era molto diffuso nelle aree soggette a carenza di iodio nell’acqua e negli alimenti; si parlava quindi di gozzo endemico per sottolineare l’entità modesta e circoscritta dell’epidemia. Come sappiamo in assenza di un’adeguata quantità di tale minerale, la tiroide non riesce a sintetizzare e rilasciare la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). Se la sintesi ormonale è insufficiente si assiste ad un aumento dell’ormone TSH o tireostimolante, secreto dall’ipofisi per stimolare la produzione di ormoni tiroidei; l’eccessiva secrezione di TSH a scopo compensatorio determina un aumento di volume della ghiandola tiroide, da cui il gozzo.
Per far fronte all’allarmante diffusione del gozzo endemico, in molti Paesi è stata introdotta la pratica di aggiungere iodio alla farina, all’acqua o al sale da cucina, scelta che ha ridotto notevolmente l’incidenza del disturbo.
Dieta ed ipotiroidismo
Se l’ipotiroidismo è causato da carenze di iodio di tipo alimentare, può essere opportuno abbinare alla dieta l’utilizzo di sale iodato, ma questo deve essere fatto rigorosamente sotto consiglio medico. Tutto ciò non deve “autorizzare” ad un uso indiscriminato di sale degli alimenti per tutte le conseguenze patologiche che può comportare.
L’apporto di questo elemento può essere aumentato anche solo attraverso la dieta. Questo potrà essere fatto privilegiando alimenti ricchi di iodio, soprattutto nel pesce marino.
Tipo di pesce |
Contenuto di Iodio (μg/100g) |
Cefalo |
330 |
Platessa |
190 |
Gamberetti |
130 |
Merluzzo |
120 |
Sgombro |
75 |
Tonno |
50 |
Sogliola |
17 |
Esistono alcuni alimenti come le Brassicaceae (cavoli, broccoli, cavolfiori, rape, ravanelli), la soia, i semi di lino, il miglio e la tapioca che se vengono consumati specialmente crudi funzionano da “sequestratori” dello iodio. Questo fa aumentare il fabbisogno di questo elemento e per questo altera il corretto funzionamento del metabolismo. Tali cibi andrebbero pertanto consumati con moderazione, ma solo in caso di ipotiroidismo da carenza iodica.
Da alcuni anni sappiamo, che oltre al deficit di iodio, anche altri fattori ambientali, in particolare la carenza di selenio, possono contribuire all’insorgenza di ipotiroidismo. Mentre lo iodio è l’elemento fondamentale per la sintesi degli ormoni tiroidei, il selenio gioca un ruolo fondamentale nel loro metabolismo. I cereali, la carne e soprattutto il pesce azzurro sono fonti importanti di selenio.
Spesso però la persona che è affetta da ipotiroidismo deve ricorrere ad una cura specifica con levotiroxina. In questo caso dovrà essere seguita una dieta che non interagisca in maniera determinante sulla terapia farmacologica. Il medico indicherà quando assumere la cura indicando eventuali interazioni con alcuni nutrienti. Nel caso specifico un eccesso di fibra può diminuire l’assorbimento del medicinale e sarebbe quindi necessario rivolgersi ad una figura esperta che possa determinare il giusto quantitativo di fibra giornaliero.
Alimentazione consigliabile
Il paziente che sta effettuando una cura dovrà eseguire una dieta sana, spesso ipocalorica in caso di obesità o sovrappeso. Si consiglia di non eccedere nel consumo di carboidrati, di formaggi stagionati, insaccati, dolci, prodotti confezionati e carni grasse.
E’ consigliabile consumare pesce almeno 2 volte alla settimana, mentre la carne dovrà essere consumata non più di 2-3 volte la settimana e dovrà essere prevalentemente bianca. Le proteine animali potranno essere sostituite almeno 2 volte alla settimana con i legumi (fagioli, ceci, lenticchie), prestando molta attenzione a quando dobbiamo effettuare la terapia farmacologica (per l’effetto della fibra idrosolubile).
E consigliabile consumare almeno 2-3 porzioni giornaliere di frutta e verdura, limitando l’utilizzo delle brassicaceae, da consumare prevalentemente cotte e lontano dalla terapia farmacologica e preferibilmente non tutti i giorni.
Limitare l’utilizzo di vino, birra ed altri alcolici per la quantità di zuccheri e alcol che contengono.
Consumare non più di 2 uova alla settimana. Consumare formaggi con moderazione preferendo quelli freschi. Consumare affettati sporadicamente preferendo il prosciutto dolce e la bresaola.
Infine bere acqua fuori dai pasti (cercare di berne almeno un litro) perché un metabolismo non può funzionare bene senza la giusta “matrice”.
Dott. Simone Rizzuto -Biologo Nutrizionista
info: simonerizzuto84@hotmail.it
www.facebook.com/DrSimoneRizzutoBiologoNutrizionista.